Siamo davvero in molti ad invocare Iddio, senza che la nostra supplica sia esaudita, nonostante i versetti nel Corano proclami che ogni invocazione trova risposta?

La risposta a questo interrogativo è che l’esaudimento dell’invocazione è una cosa, ed il suo accoglimento è un’altra cosa. Ogni invocazione trova risposta, sennonché il suo accoglimento e la sua attuazione sono subordinati al giudizio di Dio, a Lui la gloria.

Ad esempio, un fanciullo malato piange e frigna davanti al dottore, dicendogli: “Dottore, visitami e dimmi cos’ho”. E gli risponde il medico: “Piccolo mio, cosa ti senti?” E dice il fanciullo: “Dammi questa medicina”. Il medico, a questo punto, o gli dà la medicina richiesta, o un medicinale più benefico e salutare, oppure non gli dà nulla, agendo nel suo interesse, poiché sa che quel medicinale non è di nessun aiuto, anzi.

Così è per Dio, benedetto sia il Suo nome, Egli è l’Altissimo, che, essendo Verità, è anche l’esempio più alto, Egli è Saggio assoluto, Vigile in ogni momento e Rapido al conto. Egli, gloria a Lui, risponde all’invocazione del Suo servo, e con il dargli risposta estingue la cupa solitudine e lo spaventoso senso di straniamento, mutandoli in speranza, gioia, serenità. Egli, gloria a Lui, accoglie direttamente la richiesta del Suo servo, rispondendo alla sua invocazione, oppure gli dona quello che è per lui migliore, oppure rigetta la richiesta, questo basandosi sul Suo giudizio divino, e non assecondando i capricci del Suo servo o le sue richieste inopportune.

Così, l’invocazione è una forma di adorazione, il cui frutto e i cui benefici si raccoglieranno nell’Aldilà. Quanto ai fini che ci si prefigge in questo mondo, essi sono aspetti temporanei di questa invocazione e di questa adorazione, ma non ne sono il fine ultimo.
Ad esempio, la preghiera che si compie per invocare la pioggia è un tipo di adorazione, ed il suo tempo è quando la pioggia è assente. Tuttavia quest’adorazione e quest’invocazione non hanno come fine esclusivo quello della discesa della pioggia. Altrimenti, se mai quell’adorazione si compisse con questa univoca intenzione, non vi sarebbe allora libertà di accoglimento, ed essa non sarebbe sincera agli occhi di Dio Altissimo.

Parimenti il tempo in cui il sole tramonta è, appunto, il momento della preghiera del tramonto, il tempo della preghiera dell’eclisse è quando sole e luna s’eclissano. Vale a dire che Iddio, a Lui la gloria, invita il Suo servo ad un tipo di adorazione che è necessaria nel dato momento, eclissando i segni del giorno e della notte, che indicano e proclamano la Sua maestosità, sublime e tremenda. Sennonché quest’atto di adorazione non è finalizzato a che il sole e la luna tornino a manifestarsi, poiché il momento del disvelamento di sole e luna è cosa ben nota agli astronomi.

In maniera analoga ai casi precedenti, il tempo di siccità è il tempo in cui compiere la preghiera per invocare la pioggia; il tempo in cui imperversano calamità e afflizioni, in cui si esercita il predominio del male e del danno, è il tempo in cui si rendono necessarie alcune preci particolari, affinché l’uomo, ormai conscio della sua impotenza e della sua povertà, cerchi rifugio bussando alla porta dell’Onnipotente, supplicandolo e invocandolo. Se poi Iddio, gloria a Lui, nonostante invocazione insistente, non allontanerà queste afflizioni, queste sciagure, questi mali, non si dica: “Per vero l’invocazione non ha trovato risposta”. Si dica piuttosto: “Il tempo dell’invocazione non è ancora scaduto”. Se poi Iddio, a Lui la gloria, per sua grazia e generosità, solleva da queste afflizioni e con la Sua luce solleva il velo dallo sconforto, vuol dire allora che il tempo del l’invocazione è finito.

Questo per dire che l’invocazione è un mistero di tra i misteri dell’adorazione divina. E non v’è dubbio che quest’ultima debba essere, agli occhi di Dio, pura. L’uomo deve rifugiarsi nel suo Signore attraverso la pia invocazione, manifestando la sua impotenza, dovrebbe evitare di intromettersi in quelle che sono le misure adottate dal suo Signore, né tantomeno opporvisi, dovrebbe affidarsi totalmente a Lui Solo, facendo della sapienza divina un saldo sostegno, senza accusare la Sua misericordia e senza disperare di essa.

Dal Libro “Fede e Perfezionamento dell’Uomo”

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